UNI EN ISO 13341:2025 / Montaggio delle valvole sulle bombole per gas
ID 24634 | 25.09.2025 / Preview attached
UNI EN ISO 13341:2025 Bombole per gas - Montaggio delle valvole sulle bombole per gas
Data entrata in vigore: 18 settembre 2025
La norma specifica le procedure da seguire nella connessione delle valvole per bombole alle bombole per gas. Si applica a tutte le combinazioni valvola - bombola, collegate a mezzo di filettature ISO, come specificato nelle norme ISO 11363-1 e ISO 15245-1. Definisce le procedure e le pratiche di ispezione e preparazione prima del collegamento delle valvole sia per filettature coniche che parallele. I valori di coppia sono indicati nell'Appendice A per le bombole di gas in acciaio e lega di alluminio, comprese le bombole composite con collare in acciaio o lega di alluminio.
UNI EN 1612:2020 / Requisiti di sicurezza macchine e impianti per stampaggio a reazione
ID 24583 | 14.09.2025 / Preview allegato
UNI EN 1612:2020 Macchine per materie plastiche e gomma - Macchine e impianti per stampaggio a reazione - Requisiti di sicurezza
Data entrata in vigore: 05 marzo 2020
La norma specifica i requisiti essenziali di sicurezza applicabili alla progettazione e costruzione di macchine e impianti per stampaggio a reazione. Il documento tratta tutti i pericoli significativi, le situazioni e gli eventi pericolosi durante tutte le fasi del ciclo di vita della macchina, quando le macchine e gli impianti per stampaggio a reazione sono utilizzate come previsto e in condizioni di utilizzo improprio che sono ragionevolmente prevedibili dal fabbricante.
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Decreto 27 giugno 2025 Indicazioni attuative per la definizione dei contenuti informativi del Profilo sanitario sintetico previsto dall'articolo 4 del decreto 7 settembre 2023, recante il «Fascicolo sanitario elettronico 2.0».
ISO/DIS 14001 Environmental management systems - Requirements with guidance for use
Edition : 4 Stage: Full report circulated - DIS approved for registration as FDIS [40.99]
ISO 14001 specifies the requirements for an environmental management system that an organization can use to enhance its environmental performance. ISO 14001 is intended for use by an organization seeking to manage its environmental responsibilities in a systematic manner that contributes to the environmental pillar of sustainability.
ISO 14001 helps an organization achieve the intended outcomes of its environmental management system, which provide value for the environment, the organization itself and interested parties. Consistent with the organization's environmental policy, the intended outcomes of an environmental management system include:
- enhancement of environmental performance;
- fulfilment of compliance obligations;
- achievement of environmental objectives.
ISO 14001 is applicable to any organization, regardless of size, type and nature, and applies to the environmental aspects of its activities, products and services that the organization determines it can either control or influence considering a life cycle perspective. ISO 14001 does not state specific environmental performance criteria.
ISO 14001 can be used in whole or in part to systematically improve environmental management. Claims of conformity to ISO 14001, however, are not acceptable unless all its requirements are incorporated into an organization's environmental management system and fulfilled without exclusion.
Circolare CNI n. 303 XX Sess. 2025 del 2 Luglio 2025 / Quesiti Prevenzione Incendi
ID 24485 | 26.08.2025 / In allegato
Quesiti in materia di prevenzione incendi - risposte della Direzione Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica, Antincendio ed Energetica del Dipartimento dei Vigili del Fuoco in tema di attività disciplinate dal DPR n.151/2011 e da altre normative antincendio - trasmissione.
1. Attività n. 73 dell’allegato I al D.P.R. 01.08.2011 n. 151. 2. Separazione tra autorimessa e vano scala: RTV. 6. 3. Carico d’incendio elevato. 4. Stazione di pompaggio antincendio 5. Cadenza quinquennale dei rinnovi di conformità antincendio
1) ATTIVITA’ n.73 dell’Allegato I del DPR 1/08/2011 n.151 Il quesito è inerente alla natura amministrativa dell'Attività n.73 dell’Allegato I del DPR 151: “Edifici e/o complessi edilizi a uso terziario e/o industriale caratterizzati da promiscuità strutturale e/o dei sistemi delle vie di esodo e/o impiantistica con presenza di persone superiore a 300 unità, ovvero di superficie complessiva superiore a 5000 mq, indipendentemente dal numero di attività costituenti e dalla relativa diversa titolarità”.
Premessa L’Attività n.73 di cui all’allegato I del DPR n.151/2011 trova come campo di applicazione tipicamente il "condominio" all'interno del quale vi possono essere anche attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi, che devono effettuare la relativa SCIA.
In questo caso si dovrà presentare sia la SCIA condominiale, sia la SCIA di ciascuna singola attività soggetta al controllo VVF.
Accade però che non sempre le pratiche relative, gestite da soggetti diversi e da professionisti diversi, riescono a concludere parallelamente l’iter procedurale, ed in molte realtà è frequente trovarsi in situazioni di stallo con il competente Comando VVF tra le quali, per esempio, si citano:
- Annullamento della scia della singola attività interna, in caso di mancanza della scia condominiale; - Annullamento della SCIA condominiale, in caso di mancanza della scia di tutte le singole attività; - Impossibilità di eseguire il rinnovo periodico antincendio di una singola attività, - anche se attivo da tanti anni - in caso di mancanza della nuova scia condominiale; - Annullamento dell’agibilità in Comune di tutte le singole unità immobiliari di un intero nuovo complesso edilizio, nel caso di mancato perfezionamento di scia condominiale per i motivi di cui sopra (con conseguenze assai pesanti e pregiudizievoli per i proprietari, spesso vincolati con leasing di istituti bancari).
Le dinamiche delle singole attività, specialmente nel settore artigianale, oggi si modificano molto frequentemente, per cui all’atto della presentazione della SCIA antincendio condominiale viene allegato un elenco con determinati soggetti ed attività, ma poi al momento del sopralluogo VVF per l’attività condominiale potrebbero essere presenti altri soggetti che non corrisponderanno a quelli del suddetto elenco, cosicché – nell’ipotesi descritta - il sopralluogo VVF per la scia condominiale avrà risultanze negative.
Alle condizioni sopra riportate, nella pratica, è molto difficile riuscire ad avere contemporaneamente la doppia scia antincendio, ovvero quella condominiale e quella della singola attività.
Queste criticità, a parere dello scrivente Consiglio, necessitano di una soluzione, mediante un percorso che non blocchi l’avvio delle attività che si vogliono regolarizzare dal punto di vista antincendio.
Quesito 1: Fermo restando che nei complessi edilizi di superficie superiore a 5.000 m2 rimane comunque l’obbligo di avere la SCIA antincendio condominiale, oltre ad avere l’eventuale SCIA antincendio per le singole unità soggette al controllo VVF, si chiede di individuare una soluzione per consentire di regolarizzare l’avvio delle singole attività, in attesa della costituzione del condominio.
[box-info]1. Attività n. 73 dell’allegato I al D.P.R. 01.08.2011 n. 151 / Risposta
Inoltre, con nota Circolare DCPREV prot. n. 5555 del 18.04.2012, sono state altresì fornite utili indicazioni attuative per una corretta gestione delle procedure amministrative di prevenzione incendi per attività di rilevanti dimensioni o complessità, prevedendo, sotto determinate condizioni di carattere generale, anche la possibilità di presentazione di SCIA per parti di attività.
Stante l’attuale quadro normativo, non si ravvisano al momento ulteriori indicazioni a valenza generale da fornire, atteso che, inoltre, la pluralità delle casistiche in concreto prospettabili raccomanda una valutazione ad hoc caso per caso.
Posto quanto sopra, si rappresenta, comunque, che la problematica segnalata sarà oggetto di attenta valutazione in occasione di una prossima futura revisione del quadro regolamentare in materia di prevenzione incendi.[/box-info]
2) SEPARAZIONE TRA AUTORIMESSA E VANO SCALA: RTV. 6 Al paragrafo V.6.5.3, “compartimentazione”, vengono specificate in Tabella V.6-2 le caratteristiche minime delle comunicazioni tra compartimenti.
Si osserva come per le autorimesse di tipo SA, AB, HB (quest’ultime per altezza antincendi dell’opera da costruzione di cui fa parte l’autorimessa non superiore a 24 m) è indicato che la comunicazione “verso compartimenti di altre attività in prevalenza non aperti al pubblico” necessiti del "filtro".
In particolare, si chiede conferma se tale requisito possa valere per le comunicazioni delle autorimesse con l'edificio di civile abitazione delle quali sono a servizio, ovvero si richiede se con il termine "attività" si intenda anche il Condominio per civile abitazione “proprietario” dell’autorimessa stessa. Se invece si intendessero solo le "attività soggette", o comunque edifici “estranei” rispetto alla proprietà dell’autorimessa, la necessità del filtro verrebbe meno.
Quesito 2: Si chiede conferma che per “attività” si intenda sia “attività soggetta”, che “attività non soggetta”, con eventuale modifica della definizione G.1.5.1.
[box-info]2. Separazione tra autorimessa e vano scala: RTV. 6 / Risposta
Nel confermare che anche la RTV 6, per i termini e le definizioni, rimanda al Capitolo G.1 dell’allegato 1 al D.M. 03.08.2015, in particolare al punto G.1.5 per la definizione di “attività”, si segnala, comunque, che i dubbi interpretativi in merito ai requisiti di comunicazione tra l’autorimessa e le “altre attività”, tra cui, in particolare, l’edificio di civile abitazione soprastante, troveranno giusta soluzione nell’ambito di una prossima revisione della RTV 6, che, a breve, sarà illustrata in seno al Comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi.[/box-info]
3) CARICO D’INCENDIO ELEVATO Pervengono segnalazioni che alcuni Comandi avrebbero deciso di considerare qf=1500 MJ/m2 come limite oltre il quale classificare il compartimento in livello di prestazione IV del capitolo S.6 del Codice di Prestazione Incendi, con necessità di installazione dell'impianto di spegnimento automatico.
La Tabella S.6-2 del Codice di Prevenzione Incendi prevede l’attribuzione del livello di prestazione IV in relazione alle risultanze della valutazione del rischio […] es. elevato carico d’incendio specifico qf […].
Non viene appositamente specificato un valore numerico che possa indicare quale sia la soglia oltre la quale si possa considerare la presenza di un “elevato carico di incendio specifico” e sembra corretto interpretare che tale mancanza di indicazione sia voluta, proprio per non correlare direttamente un valore numerico alla necessità di un sistema automatico di inibizione, controllo o estinzione dell’incendio, senza un più ampio ragionamento che porti ad una oggettiva ed accurata valutazione del rischio.
Quesito 3: Si chiede un chiarimento in merito all’opportunità o meno di individuare una soglia di carico d’incendio qf come indicativa per il ricorso all’impianto di spegnimento automatico, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione.
[box-info]3. Carico d’incendio elevato / Risposta Relativamente alla dicitura “elevato carico d’incendio specifico”, si concorda con le valutazioni di codesto Consiglio nazionale atteso che, già in passato, questa Direzione centrale ha avuto modo di osservare come l’intento del normatore fosse quello di meglio evidenziare che la necessità di adottare il livello di prestazione IV della misura S6 deriva principalmente dalla specifica valutazione del rischio per ogni singolo caso in studio sulla base di una pluralità di fattori e non esclusivamente in funzione di un valore prefissato del carico d’incendio.
Ciò posto, nel prendere atto della proposta di introdurre termini quantitativi che possano meglio guidare il progettista nelle valutazioni e nelle scelte progettuali di competenza, si garantisce sin d’ora che la stessa sarà oggetto di attenta valutazione nell’ambito dei prossimi futuri lavori di revisione del Codice di prevenzione incendi[/box-info]
4) STAZIONI DI POMPAGGIO ANTINCENDIO Al punto A.1.4 della norma UNI 10779 viene richiesta l’assicurazione della continuità dei servizi forniti dagli Enti erogatori, sia idrici che elettrici.
La norma UNI EN 12845 esprime un differente concetto di “continuità”, prescrivendo sostanzialmente che l’alimentazione idrica non sia soggetta a possibili condizioni di congelamento, siccità o allagamento, nonché qualsiasi altra condizione che potrebbe ridurre il flusso o l’effettiva portata oppure rendere non operativa l’alimentazione, specificando altresì che l’alimentazione idrica dovrebbe essere preferibilmente sotto il controllo dell’utente chiedendo in caso contrario che l’organizzazione che ne possiede il controllo garantisca affidabilità e diritto di utilizzo.
Seguendo le indicazioni della UNI 10779 alcuni Comandi VVF chiedono al professionista antincendio di asseverare la continuità dei servizi forniti dagli enti Erogatori del servizio idrico ed elettrico, indipendentemente dalla presenza di vasche di accumulo oppure dalla presenza aggiuntiva di pompe ad alimentazione differente da quella elettrica.
È spesso difficile ottenere dagli Enti erogatori dichiarazioni in merito alle discontinuità del servizio degli anni precedenti. Ne deriva l’impossibilità da parte del professionista di poter rendere proprio l’onere di tale asseverazione e la relativa assunzione di una responsabilità che non gli compete.
A parere del CNI, si tratta di un’interpretazione non corretta e sostanzialmente distorta della norma UNI 10779, che non chiede alcuna asseverazione o dichiarazione al professionista antincendio, ma solo di acquisire (presso l’Ente erogatore del servizio acquedottistico o elettrico) la “attestabilità mediante dati statistici relativi agli anni precedenti” della continuità del servizio.
Quesito 4: Si chiede un parere in merito alla prospettata interpretazione normativa, nella direzione di confermare che i Comandi VVF non potranno pretendere da progettisti ed asseveratori alcuna attestazione/dichiarazione sulla continuità di un servizio reso da terzi, salvo riportare in progetto i dati di affidabilità del servizio pubblicati dagli Enti gestori
[box-info]4. Stazione di pompaggio antincendio / Risposta Preliminarmente, si osserva che affinché una rete di idranti possa considerarsi progettata, installata ed esercita a regola d’arte, secondo la norma UNI 10779, l’alimentazione idrica deve rispettare le previsioni dell’appendice A alla stessa norma tecnica che, al punto A.1.4, ne definisce la continuità per gli acquedotti.
Ciò premesso, si rappresenta anche che il paragrafo S.6.8.2 del Codice di prevenzione incendi, nel riprendere concetti già contenuti anche nel D.M. 20 dicembre 2012, testualmente prevede che “ai fini della determinazione della continuità dell’alimentazione idrica dell’impianto da acquedotto, la disponibilità può essere attestata mediante dati statistici relativi agli anni precedenti come specificato dalla norma UNI 10779 o criterio equivalente. Le predette attestazioni sono rilasciate dagli enti erogatori o da professionista antincendio”[/box-info]
5) CADENZA QUINQUENNALE DEI RINNOVI DI CONFORMITÀ ANTINCENDIO Come noto, la procedura di attestazione del rinnovo periodico di conformità antincendio (ARPCA) è regolata dall’art.5 del Decreto Ministero dell’Interno 7/08/2012, che al comma 2 afferma: “La richiesta di rinnovo è inviata al Comando, entro i termini previsti ai commi 1 e 2 dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, a decorrere dalla data di presentazione della prima segnalazione”.
La recente circolare VVF del 1/02/2024 (prot. n. 1640), oltre a chiarire il profilo sanzionatorio, precisa che: “Relativamente alla presentazione tardiva dell’attestazione di rinnovo periodico (…) la validità dell’attestazione avrà in ogni caso durata fino alla naturale scadenza (…) della originaria presentazione della SCIA o autorizzazione previgente.”
Anche la nota del Comando VVF di Genova (prot. 6409 del 10/03/2023) precisa che: “A seguito di rinnovo tardivo, il nuovo periodo di validità della conformità antincendio decorre comunque dalla precedente scadenza.”
Quanto sopra fa intuire che l’eventuale tardività nella presentazione del rinnovo non dovrebbe spostare la cadenza quinquennale fissa dell’ARPCA, che va comunque sempre presentata.
La frequente prassi di presentazione delle ‘SCIA parziali’ (intese come SCIA in cui si dichiara solo una parte delle attività soggette, per autorizzare delle varianti limitate a porzioni di azienda) sta creando ulteriori dubbi e differenze interpretative.
Allo scopo di poter trasmettere ai titolari di attività soggette al controllo da parte dei VVF precise informazioni sulle date di scadenza ed una procedura univoca in caso di rinnovo tardivo, si formulano i seguenti, ulteriori quesiti.
Quesiti 5: a) Si chiede conferma che le ARPCA hanno cadenza quinquennale fissa, a partire dalla prima SCIA/CPI e che tale cadenza non può essere modificata né da una ARPCA tardiva, né da una SCIA parziale. b) Si chiede conferma che una SCIA (parziale o contenente tutte le attività soggette) non sostituisce mai l’ARPCA; si evidenzia la notevole differenza delle declaratorie delle due asseverazioni, ovvero: c) In quali casi una SCIA possa sostituire una ARPCA, determinando una nuova data da cui far decorrere il nuovo quinquennio agli effetti del rinnovo. d) Quale sia il ritardo massimo accettabile (rispetto alla scadenza naturale) per la presentazione di un’ARPCA tardiva, presumendo la continuità di esercizio della ditta titolare della SCIA.
[box-info]5. Cadenza quinquennale dei rinnovi di conformità antincendio / Risposta
Con la Circolare DCPREV prot. n. 5555 del 18.04.2012, poi ripresa dalla DC.PREV. prot. n.1640 del 1.02.2024, questa Direzione centrale ha fornito alle strutture del C.N.VV.F. indicazioni, sia sotto il profilo amministrativo che penale, circa le procedure da adottare in caso di presentazione tardiva dell’attestazione di rinnovo periodico della conformità antincendio oltre i termini fissati dall’art. 5 del D.P.R 151/2011.
Nel rimandare ai contenuti delle sopracitate circolari e nel confermare le indicazioni dell’art. 5 comma 2 del D.M. 7 agosto 2012, si rappresenta che in occasione di una prossima futura revisione del quadro normativo di riferimento, che, come di consueto vedrà il coinvolgimento anche di rappresentati di codesto Consiglio nazionale, si potrà individuare una nuova e più funzionale formulazione dell’attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio che possa essere di più semplice comprensione ed attuazione anche nei casi di attività complesse o in repentino mutamento.[/box-info]
Decreto 19 giugno 2025 / Buone pratiche di sperimentazione clinica dei medicinali veterinari sugli animali
ID 24463 | 22.08.2025
Decreto 19 giugno 2025 Buone pratiche di sperimentazione clinica dei medicinali veterinari sugli animali.
(GU n.194 del 22.08.2025) ________
Art. 1 Finalita' ed oggetto
1. Il presente decreto disciplina lo svolgimento delle sperimentazioni cliniche dei medicinali veterinari sugli animali e ogni loro modifica, autorizzate, ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 7 dicembre 2023, n. 218, dal Ministero della salute, in conformita' alle prescrizioni dettate dall'art. 9 del regolamento (UE) 2019/6 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, relativo ai medicinali veterinari e che abroga la direttiva 2001/82/CE e secondo le modalita' e le procedure di cui agli allegati I, II, III, IV e V, parte integrante del presente decreto.
2. Alla domanda per il rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 1, deve essere allegata l'attestazione del versamento della tariffa di cui all'allegato I del decreto ministeriale 14 febbraio 1991 e successive modificazioni, citato in premessa.
4. Il presente decreto non si applica alla sperimentazione clinica finalizzata alla verifica della sicurezza e dell'efficacia dei medicinali veterinari che hanno ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio in Italia e negli altri Paesi membri, ai sensi del regolamento (UE) 2019/6 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018. ...
Cassazione Penale Sez. 3 del 16 giugno 2025 n. 22584 / I dirigenti delle unità produttive sono datori di lavoro a fini prevenzionistici
ID 24394 | 07.08.2025 / In allegato
Cassazione Penale Sez. 3 16 giugno 2025 del n. 22584 Assolto il presidente del CdA per omessa valutazione dei rischi e designazione RSPP: i datori di lavoro a fini prevenzionistici sono i dirigenti delle unità produttive con potere decisionale e di spesa _____________
Composta da Dott. DI NICOLA Vito - Presidente Dott. VERGINE Cinzia - Consigliere Dott. GAI Emanuela - Relatore Dott. CORBO Antonio - Consigliere Dott. MAGRO Maria Beatrice - Consigliere ha pronunciato la seguente
[panel]SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di SAVONA nel procedimento a carico di:
A.A. nato a S il (Omissis) avverso la sentenza del 18/07/2024 del TRIBUNALE di Savona Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Emanuela Gai; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO MOLINO che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza. udito il difensore avv. F. Fontana che si riporta alla memoria chiedendo il rigetto o l'inammissibilità del ricorso.
Fatto
1. Il Tribunale di Savona, con sentenza in data 18/07/2024, ha assolto A.A. dalle violazioni di cui agli artt. 29, comma 1, 55 comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008 in combinato disposto con gli artt. 2 comma 1, lett. b), 16 comma 1, 17 comma 1, lett. a) e b), 28 comma 2 e 299 del medesimo decreto (capi 1 e 2) per non aver effettuato, pur ricoprendo la qualifica di datore di lavoro, come definito dall'articolo 2, comma 1, lett. b), la valutazione dei rischi professionali e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi riguardanti le unità locali della Divisione Ipermercati e della Divisione Supermercati della Coop Liguria Società Cooperativa di Consumo, impropriamente fatta da soggetti aziendali diversi dal datore di lavoro ex lege, perché il fatto non sussiste.
1.1. Il Tribunale è pervenuto all'epilogo assolutorio escludendo l'individuazione del A.A. quale datore di lavoro in senso prevenzionistico, che ha riconosciuto, invece, in capo ai due distinti soggetti (A.A. e B.B.) preposti al vertice delle due distinte unità produttive (Divisione Ipermercati e Divisione Supermercati), muniti dei relativi autonomi poteri decisionali e di spesa, in forza di procura speciale rilasciata a costoro dal A.A., quale presidente del Consiglio di amministrazione e, dunque, datore di lavoro di vertice. In particolare, in base alle risultanze delle prove documentali e testimoniali, il Tribunale ha ritenuto accertato che la struttura organizzativa della Coop Liguria era ripartita in due divisioni distinte sui piani contabile, amministrativo, gestionale rispettivamente Area Ipermercati e Area Supermercati; che l'organo amministrativo della società era il consiglio di amministrazione, di cui l'imputato A.A. era presidente dal 2020 e legale rappresentante della società; che, con delibera del 22 novembre 2021, il consiglio di amministrazione aveva delegato al presidente alcune proprie attribuzioni, avvalendosi dello strumento della delega gestoria di cui all'articolo 2381 comma 2, cod. civ. escludendo, tuttavia, ogni aspetto relativo alla materia della prevenzione degli infortuni sul lavoro nonché alla tutela della sicurezza e alla salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro nei cantieri.
Sulla scorta di tali dati di fatto e segnatamente del contenuto delle due procure speciali conferite dal datore di lavoro di vertice, ha ritenuto la natura giuridica di atti organizzativi privati con funzione meramente ricognitiva dell'investitura ex lege ai sensi dell'art. 2 comma uno lett. b) di due datori di lavoro decentrati (A.A. e B.B.) i quali rivestivano la posizione di garanti originari in relazione alle singole unità produttive di competenza. Escludeva, di conseguenza, la riconducibilità di dette procure all'istituto della delega gestoria, tenuto conto dell'estraneità dei soggetti dall'organo amministrativo, nondimeno, considerata l'assenza di una norma giuridica ostativa l'individuazione del datore di lavoro prevenzionistico in seno a soggetti esterni alla compagine societaria e tenuto conto della concezione datoriale anche sostanziale mutata dal testo unico, riteneva in capo ai predetti A.A. e B.B. la qualifica di datore di lavoro decentrato ex lege delle rispettive unità produttive e dunque riteneva, ex lege, costoro tenuti alla designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezioni e alla redazione dei documenti di valutazione dei rischi afferenti alle singole unità organizzative di cui erano responsabili, cosa che era avvenuta in ottemperanza e non già in violazione dell'articolo 17 del testo unico.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero deducendo i seguenti motivi.
-Inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 2 comma 1, lett. b), 16 comma 1, 17 comma 1, lett. a) e b), 28 comma 2 e 299 del medesimo decreto, errata identificazione del datore di lavoro prevenzionistico a titolo originario sul quale ricade l'obbligo intrasferibile dell'effettuazione della valutazione dei rischi e della conseguente elaborazione del relativo documento di valutazione dei rischi previsto dall'articolo 28 stesso decreto, nonché della designazione del responsabile del servizio prevenzione e protezione dei rischi professionali, attribuzione non conforme alla legge, della qualifica di unità produttiva a due macro settori organizzativi in cui è stata strutturata l'impresa.
L'errore in cui sarebbe incorso il Tribunale attiene all'interpretazione dell'art. 2 comma 1, lett. b) che individua il datore di lavoro "quale soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o comunque il soggetto che secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la sua attività alla responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa".
Secondo il giudicante le procure speciali rilasciate dal Presidente del Consiglio di amministrazione ai dirigenti della società sarebbero idonee a qualificare costoro quali datori di lavoro. Tale conclusione sarebbe dimostrata ulteriormente oltre che dall'atto costituito dalle procure notarili altresì dalla situazione di fatto in cui predetti operavano nel senso che in concreto costoro operavano effettivamente quali datori di lavoro anche in assenza di un'investitura formale non avendo i mezzi e i poteri connessi. Argomenta il ricorrente che il Tribunale avrebbe errato, in primo luogo, nel ritenere che la qualifica di datore di lavoro possa essere attribuita con procura speciale a soggetto estraneo al consiglio di amministrazione. La costante giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che nelle società di capitali gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione salvo il caso di delega validamente conferita della posizione di garanzia. Nel caso di specie, il consiglio di amministrazione datore di lavoro a titolo originario di vertice ha concentrato i poteri di decisione e spesa relativi all'esercizio dell'impresa nella persona del suo presidente attribuendogli, con delega gestoria, i necessari poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione. Il trasferimento dei poteri datoriali del consiglio di amministrazione all'esterno dello stesso cioè a soggetti non facenti parte del consiglio stesso, e come tali non datori di lavoro a titolo originario, non sarebbe previsto e non produrrebbe alcun effetto le procure speciali rilasciate ai dirigenti A.A. e B.B.. Lungi dal potersi considerare deleghe gestorie dovrebbero essere qualificate quali deleghe di funzioni, ex art. 16, con la conseguenza che trattandosi di deleghe di funzioni costoro sarebbero garanti a titolo derivativo, da cui l'ulteriore conseguenza della violazione dell'art. 17, norma che non consente che la delega possa operare per la valutazione dei rischi e per la designazione del responsabile per la sicurezza, obblighi questi che residuerebbe in capo all'imputato A.A..
-Violazione di legge in relazione alla qualifica delle unità produttive.
Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto la distinzione all'interno dell'organizzazione aziendale dei settori Ipermercati e Supermercati come distinte unità produttive, ai sensi dell'art. 2 comma 1, lett. t) del decreto legislativo 81 del 2008, che definisce l'unità produttiva come lo stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all'erogazione di servizi dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale. Secondo ricorrente le due divisioni in cui è strutturata l'azienda non sarebbero per nulla rispondenti alla nozione di unità produttiva datane dall'articolo citato siccome i due macro settori, in cui era stata strutturata l'azienda, rispettivamente la divisione ipermercati e la divisione supermercati, non rientrerebbero neppure lontanamente nella definizione di stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni e alle erogazioni di servizi dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale essendo piuttosto delle mere ripartizioni organizzative eventualmente dipartimentali peraltro neppure munite, ad avviso del ricorrente, del necessario grado di autonomia finanziaria e tecnico funzionale richiesta dalla legge. Per questi motivi chiede l'annullamento della sentenza.
3. Il Procuratore generale ha chiesto l'annullamento con rinvio. Il difensore ha depositato memoria scritta con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Diritto
1. Il ricorso è infondato.
Occorre in primo luogo sgombrare il campo da un possibile equivoco, qui non viene in rilievo il tema dell'individuazione della figura di datore di lavoro nelle strutture complesse, che spetta a tutti i componenti del consiglio di amministrazione su cui gravano indistintamente gli obblighi in materia di prevenzione in materia antinfortunistica, e i rapporti tra delega gestoria ex art. 2381 cod. civ. e delega di funzioni, ma il diverso tema dell'individuazione del datore di lavoro ex lege, o a titolo originario, tenuto alla redazione del DVR e all'individuazione del responsabile della sicurezza che ai sensi dell'art. 17 del Testo unico non possono essere oggetto di delega di funzioni ai sensi dell'art. 16, a soggetti che vengono a rivestire una posizione di garanzia a titolo derivato.
Come è noto, il sistema prevenzionistico è tradizionalmente fondato su diverse figure di garanti che incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità organizzativa e gestionale. La prima e fondamentale figura è quella del datore di lavoro. Si tratta del soggetto che ha la responsabilità dell'organizzazione dell'azienda o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.
La definizione contenuta nell'art. 2 comma 1 lett. b) del D.Lgs. n. 81 del 2008, riprende il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 2, lett. b), 1 periodo, così come modificato dal D.Lgs. n. 242 del 1996, che considerava datore di lavoro "il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore" o comunque "il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita dalla lett. i) in quanto titolare dei poteri decisionali di spesa".
Con l'avverbio "comunque" il legislatore ha inteso dare netta preminenza al criterio sostanziale che deve essere in ogni caso rispettato e che prevale quando vi è discordanza tra la situazione formale e quella reale. Quindi, in virtù della modifica operata dal D.Lgs. n. 242 del 1996, nelle aziende di grandi dimensioni è frequente il caso in cui il soggetto dotato della legale rappresentanza non coincide con quello in grado di esercitare l'effettivo potere di organizzazione dell'azienda e del lavoro dei dipendenti ed è a quest'ultimo che dovranno attribuirsi le connesse responsabilità prevenzionali.
Secondo la univoca giurisprudenza di questa Corte, a partire da Cass., Sez. 4, n. 49819 del 5.12.2003, il dato normativo consente di distinguere un datore di lavoro in senso giuslavoristico da uno o più datori di lavoro (sussistendo distinte unità produttive) in senso prevenzionale. È evidente che la responsabilità del soggetto preposto alla direzione dell'unità produttiva è condizionata alla congruità dei suoi poteri decisionali e di spesa rispetto alle concrete esigenze prevenzionali. Egli pertanto sarà qualificabile come datore di lavoro ai fini della sicurezza solo se gli saranno attribuiti poteri e disponibilità finanziarie adeguate ad effettuare gli adempimenti prescritti dalla legge e solo entro quei limiti, mentre, per tutti gli altri adempimenti per i quali non dispone dei mezzi e dei poteri per realizzarli, le eventuali violazioni (e relative conseguenze) non saranno a lui ascrivibili.
L'interpretazione dell'art. 2, citato, nei termini ora esposti, trova conferma in plurime decisioni di questa Corte, e, per quanto qui di rilievo a partire dalla sentenza n. 18200/2016, Grosso e altro, che affronta il tema di chi debba essere considerato "datore di lavoro" in relazione ai poteri di gestione dell'intera unità organizzativa.
Una ancor più chiara lettura del dato normativo riferita a organizzazioni complesse e articolate su più unità organizzative si rinviene nella sentenza Sez. 4, n. 32899 dell'8/1/2021, PG/Castaldo. In particolare, alle pagine 481 e 482 si legge: "La previsione normativa che prefigura la possibilità di avere nell'ambito di una medesima impresa una pluralità di datori di lavoro non permette di proiettare gli effetti del singolo ruolo datoriale sull'intera organizzazione. La costituzione di un datore di lavoro all'interno di una più ampia organizzazione per effetto dell'articolazione di questa in più unità produttive presuppone che sia individuabile ed individuata siffatta unità per le cui necessità di funzionamento il soggetto chiamato a gestirla viene dotato di tutti i poteri decisionali e di spesa necessari. Si stabilisce, così, una relazione biunivoca tra tale soggetto e l'unità organizzativa, tale per cui egli diviene in essa - e solo nell'ambito di essa - datore di lavoro. In realtà organizzative che presentano simile connotazioni si determina la contestuale presenza di un datore di lavoro al vertice dell'intera organizzazione - che pertanto potrebbe dirsi "apicale" - e di uno o più datori di lavoro che potrebbero definirsi "sottordinati". Infatti, per essi il ruolo datoriale non elide il vincolo gerarchico verso il datore di lavoro "apicale"; la particolarità è che tale vincolo si esprime con modalità che non intaccano i poteri di decisione e di spesa richiesti dalla autonoma gestione dell'unità produttiva. Quando invece tali vincoli si riflettono anche su tale gestione, è da escludersi che ricorra un datore di lavoro sottordinato, profilandosi piuttosto un dirigente (per una applicazione di tali assunti si veda Sez. 4, n. 18200 del 07/01/2016, Grosso e altro, Rv. 26664001, in motivazione). "Il datore di lavoro sottordinato è quindi destinatario di tutte le prescrizioni che si indirizzano alla figura datoriale; ma entro in funzione della gestione della sicurezza nell'ambito dell'unità organizzativa affidatagli. Esemplificando, egli sarà tenuto ad eseguire la valutazione di tutti i rischi connessi alle attività lavorative svolte nell'unità; a redigere il documento di valutazione dei rischi; a nominare il medico competente ed il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione. Quella stretta connessione che lo stesso disposto normativo pone fa sì che la valutazione dei rischi non possa attenere a rischi che risultano affidati a diversi datori di lavoro (per esempio quelli ai quali è stata affidata altra unità produttiva fornita di analoga autonomia; ma anche quello che resta vertice dell'organizzazione entro la quale sono individuate le diverse unità produttive autonome)".
3. Quanto al caso in esame il Tribunale, sulla scorta dell'accertamento di fatto non qui rivisitabile, ha correttamente ritenuto (cfr. par. 1.1. del ritenuto in fatto) la qualifica di datore di lavoro ex lege in senso prevenzionistico per le singole unità produttive, in capo ai soggetti dirigenti preposti alla direzione delle stesse qualificate, ai sensi della lett. t) dell'art. 2 cit., quali autonome unità produttive in presenza dei requisiti normativi di autonomia gestoria, finanziaria in capo a loro (pag. 6-7), da cui l'infondatezza del secondo motivo di ricorso. Il Tribunale ha poi rilevato che i dirigenti preposti alle due unità produttive avevano, in adempimento alla legge, predisposto sia il DVR che individuato il responsabile della sicurezza, proprio in adempimento ai compiti che competono al datore di lavoro a titolo originario. Di conseguenza ha escluso la responsabilità penale in capo al A.A..
Non è pertinente, infine, il richiamo alla pronuncia di Questa terza sezione n. 9028/2022, Messina, in quanto il soggetto diverso era stato investito di una delega parziale di funzioni e responsabilità che non includeva l'attribuzione di poteri decisionali e di spesa riferiti all'intera struttura organizzativa.
Il ricorso del Pubblico Ministero va pertanto rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Così è deciso in Roma, l'8 maggio 2025 Depositata in Cancelleria il 16 giugno 2025.[/panel]
Decreto 31 luglio 2025 / Disposizioni integrative al corso Train the trainer
ID 24422 | 13.08.2025
Decreto 31 luglio 2025 Disposizioni integrative al corso di formazione per formatore (Train the trainer).
(GU n.187 del 13.08.2025)
Entrata in vigore: 14.08.2025
__________
Art. 1. Finalità
1. Il presente decreto apporta variazioni al decreto direttoriale 21 ottobre 2024, n. 1651, relativo al «Corso di formazione per formatore ( Train the trainer )» al fine di integrare ed aggiornare la formazione degli istruttori già in possesso di una certificazione rilasciata ai sensi del previgente decreto direttoriale 17 dicembre 2015.
Art. 2. Modifiche all’atto normativo
1. All’art. 4, del decreto direttoriale 21 ottobre 2024, n. 1651, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente comma: «2 -bis . L’esame di cui al comma 1, relativo agli argomenti indicati nell’allegato A bis , si articola nella sola prova scritta ( test ). La prova scritta è costituita da trenta domande a scelta multipla con cinque differenti ipotesi di risposta, della durata non superiore a sessanta minuti. Per la prova scritta, ad ogni risposta esatta è assegnato un punto e la prova si intende superata se si raggiunge il punteggio minimo di 21 (21/30). L’esame è superato se la prova ha esito favorevole.». 2. All’art. 5, del decreto direttoriale 21 ottobre 2024, n. 1651, dopo il terzo comma, sono aggiunti i seguenti commi: «3 -bis . Gli attestati rilasciati in base alla normativa disciplinata con il d.d. 17/12/2015 conservano la loro validità, ai fini dell’accreditamento come docente, direttore e vicedirettore presso un centro di addestramento fino alla data del 31 dicembre 2025, susseguentemente, i docenti, direttori e vicedirettori per poter essere accreditati o riaccreditati presso un centro di addestramento, dovranno frequentare apposito corso integrativo come da programma in allegato A bis del presente decreto. 3 -ter . Ai discenti del corso integrativo da 19 ore che superano l’esame di cui all’art. 4, è rilasciato un attestato secondo il modello riportato nell’allegato E bis del presente decreto.».
1. Il presente decreto inserisce nell’allegato 12 del decreto direttoriale 3 dicembre 2024, n. 1986, i seguenti nuovi acronimi dei corsi: FORMMOD1 - modulo 1 formazione per formatori; FORMINT - corso integrativo formazione per formatori - mod. A bis; nonché il seguente acronimo alla tipologia di discente: docente - personale da formare come docente.
Art. 5. Entrata in vigore, modifiche ed abrogazioni
1. Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed entra in vigore il giorno dopo la sua pubblicazione.
1. Sulla base del parere espresso dalla Commissione di cui al D.M. 4.2.2011, l’iscrizione della società Terna Rete per l’Italia S.p.A., con sede legale in Roma, viale Egidio Galbani n. 70, nell’elenco delle aziende autorizzate all’esecuzione dei lavori sotto tensione e dei soggetti formatori, di cui all’articolo 3, comma 1, del D.M. 4.2.2011, è rinnovata per tre anni decorrenti dalla data di scadenza della relativa iscrizione.
Articolo 2 (Elenco delle aziende autorizzate)
1. In attuazione di quanto disposto all’articolo 1, è adottato il 13° elenco delle aziende autorizzate all’effettuazione dei lavori sotto tensione su impianti alimentati a frequenza industriale a tensione superiore a 1000V e dei soggetti formatori dei lavoratori impiegati per i lavori sotto tensione, di cui all’articolo 3, comma 1, del D.M. 4.2.2011. 2. Tale elenco, allegato al presente decreto, sostituisce integralmente il 12° elenco adottato con decreto direttoriale 16 novembre 2023, n. 141, richiamato in premessa.
Articolo 3 (Obblighi delle aziende autorizzate)
1. Le aziende autorizzate devono comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi del punto 2.1. e), dell’allegato I del D.M. 4.2.2011, gli incidenti rilevanti o i gravi infortuni rientranti nel campo di applicazione del citato D.M. 4.2.2011. 2. Qualsiasi variazione nello stato di fatto o di diritto che le aziende autorizzate o i soggetti formatori intendono operare, deve essere tempestivamente comunicata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, previo parere della Commissione di cui al D.M. 4.2.2011, si esprime in merito alla variazione comunicata. 3. A seguito di gravi inadempienze delle aziende autorizzate o dei soggetti formatori, acquisito il parere della Commissione di cui al D.M. 4.2.2011, con decreto del Direttore generale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e per le politiche assicurative del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Direttore generale della prevenzione del Ministero della salute, è disposta l’immediata sospensione dell’iscrizione nell’elenco delle aziende autorizzate o dei soggetti formatori. Nei casi di particolare gravità si procede alla cancellazione dai medesimi elenchi. 4. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per il tramite della Commissione di cui al D.M. 4.2.2011, entro il periodo di validità triennale dell’iscrizione nell’elenco delle aziende autorizzate e dei soggetti formatori ha facoltà di procedere al controllo della permanenza dei requisiti, di cui agli allegati II e III del citato D.M. 4.2.2011, in capo alle medesime aziende.